Non attività di beneficienza o filantropia, ma una vera e propria attitudine, un’impostazione valoriale a rapportarsi con gli stakeholder, i portatori di interesse interni ed esterni all’azienda: il personale, sindacato, fornitori, clienti, associazioni o le ong. Con l’obiettivo di massimizzare gli utili e acquisire così un vantaggio sui concorrenti. Parliamo della responsabilità sociale d’impresa, o, all’inglese, la “corporate social responsibility” (Csr), cioè l’integrazione di preoccupazioni di natura etica, sociale ed ecologica all’interno della visione strategica d’impresa. Tanti e vari gli strumenti a disposizione. Si va dal bilancio sociale al codice etico, passando per il dialogo con gli stakeholder, il management ambientale e le sponsorizzazioni.
Ma chi si occupa di responsabilità sociale all’interno dell’impresa? Negli ultimi anni si sta delineando la figura del Csr manager, dal triplice ruolo di professionista delle “practices” (ovvero le competenze tecniche per gestire politiche di comunicazione interna e verso il territorio, le attività di formazione del personale e welfare aziendale, per esempio), sensore del cambiamento socio-ambientale (dev’essere aggiornato sulle tendenze e le novità del settore) e promotore del dialogo con gli stakeholder.