giovedì 20 ottobre 2011

Etica aziendale

Un’azienda mantiene un comportamento etico non solo quando questo risulta essere del tutto conforme alla legge, ma quando fa propri dei valori sociali, quando instaura un corretto rapporto con l’ambiente inteso in senso molto ampio, quando adotta politiche di lavoro rispettose dell’individuo…, insomma quando svolge un ruolo positivo verso il contesto sociale ed economico in cui è inserita. Sarebbe un’ingenuità pensare che sia sufficiente un programma aziendale che prevenga, individui e punisca le sole violazioni della legge: per incoraggiare una condotta esemplare, un’organizzazione ha bisogno di nuovi valori aziendali e mutamenti strutturali per sostenerli. Il semplice fatto che un’azione sia legale non significa affatto che sia avulsa da problemi etici ed un chiaro esempio è il caso della SALOMON BROTHERS: quattro dirigenti vennero a conoscenza di attività illegali presso l’ufficio commerciale governativo, ma poiché non esisteva alcun obbligo di denuncia non dissero nulla per un po’ di tempo; quando resero pubblica la notizia, il ritardo provocò una forte crisi di fiducia presso tutti coloro che avevano contatti con l’azienda: i dirigenti dovettero licenziarsi perché avevano perso l’autorità morale necessaria per dirigere e la SALOMON BROTHERS subì perdite pari ad un miliardo di dollari.


L’applicazione del principio di "integrità organizzativa" rispetto a quello di mera conformità alle leggi è più ampia perché punta ad una condotta pienamente e profondamente responsabile, in quanto interviene sui valori e sui modi di pensare dei sistemi operativi aziendali, ed è più esigente perché richiede uno sforzo attivo per definire le responsabilità e le aspirazioni che costituiscono la bussola etica aziendale. Le strategie di integrità fanno spesso registrare inaspettati contributi anche alla competitività e alle relazioni chiave dalle quali dipende la vita dell’impresa. E’ quanto ci insegnano esperienze quali quella di MARTIN MARIETTA CORPORATION fornitrice aerospaziale e militare degli USA, che nel 1985 era indagata per fatturazioni irregolari. Essa decise di darsi un programma etico, che coinvolgesse tutti i livelli societari, mirante alla riscoperta di valori quali l’onestà e la lealtà arrivando col tempo a comprendere anche la responsabilità ambientale e la qualità. Sono stati organizzati fino ad oggi tre cicli di formazione ed i risultati constatati dal management sono più che soddisfacenti: sono migliorati i rapporti con l’organico, la rete etica che serve a registrare i reclami si è dimostrata un efficiente sistema di preallarme per le carenze di gestione, di difetti di qualità e di sicurezza permettendo così all’azienda di ricorrere a correttivi in modo molto rapido ed indolore, sono nettamente diminuiti gli atti illeciti e tutto questo ha migliorato la reputazione dell’impresa, fatto che si è dimostrato determinante per l’aggiudicazione degli appalti militari che attualmente rappresentano il 75% delle sue entrate. Spesso anche una maggiore attenzione verso il problema ecologico, magari imposta dalle sempre più numerose regolamentazione ambientali, ha rivelato inaspettatamente delle opportunità di guadagno. Partendo dal presupposto che l’inquinamento non è l’inevitabile scotto che la società industriale deve pagare, ma una vera forma di spreco economico, è possibile elaborare soluzioni innovative magari capaci di diminuire il costo di produzione o di aumentare il valore dei beni prodotti grazie ad uno sfruttamento potenziato delle risorse (produttività potenziata). La necessità di depurare il suolo e le falde acquifere fortemente inquinati dei Paesi bassi, ha spinto i coltivatori olandesi a modificare il metodo di produzione sostituendo la coltivazione intensiva con il sistema in circuito chiuso: la coltivazione in lana di roccia ha diminuito il rischio di infestazioni e quindi l’uso di pesticidi, inoltre le serre hanno tutelato la produzione floreale dalle variazioni climatiche migliorandone la qualità e sono scesi anche i costi di manutenzione perché i fiori sono stati coltivati su piattaforme ad hoc. O ancora, la RHONE-POULENC di Chalampe che inizialmente bruciava i diacidi, sottoprodotti del nylon, grazie ad un investimento di 76 milioni di franchi, ha installato nuovi impianti capaci di recuperarli e oggi vengono venduti come additivi per le tinture e come agenti coagulanti con un giro di affari annuale di circa 20,1 milioni di franchi.

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